giovedì 21 giugno 2012

Lavoro di cura agli anziani e non autosufficienti (Francesca Carlucci)

 IL RUOLO DEL TERZO SETTORE NELA COSTRUZIONE DI CONNESSIONI VIRTUOSE

RUOLO E PROSPETTIVE DELL’OPERATORE SOCIALE E SOCIOSANITARIO


Intervento della d.ssa Francesca Carlucci -I°Convegno Anoss - Sez. Basilicata  “ La responsabilità della cura ” del 5 giugno 2012 - Matera


Buongiorno, sono  Francesca Carlucci, biologa, mi occupo della formazione della figura emergente  dell’operatore socio sanitario. Il lavoro che andrò a leggervi è stato frutto di una ricerca sull’evoluzione e la riorganizzazione dei servizi sanitari e socio assistenziali rivolti agli anziani e ai non autosufficienti ed è proprio da quest’analisi che si evince la necessità di una figura qualificata per soddisfare i bisogni primari di cura della persona in cooperazione con medici, infermieri ed altri professionisti della salute.
I mutamenti intervenuti nel Paese negli ultimi decenni quali l’aumento della speranza di vita, il miglioramento delle condizioni di salute ma anche l’invecchiamento della popolazione e l’espandersi di forme di disagio e di fragilità sociale rendono indispensabile pensare alla riorganizzazione sanitaria e socio-assistenziale.
Dalle ultime indagini Istat si individua che in Italia sono 2.600.000 le persone in condizioni di disabilità di cui 2.000.000 sono anziani e che in una famiglia su dieci vive un componente con disabilità. Tradizionalmente in Italia chi si prendeva cura degli anziani e delle persone non autosufficienti erano le famiglie, principalmente le donne: madri, mogli e figlie. Questa è una rete ormai sottile che risente della fragilità dell’attuale struttura familiare.
 Nell’ultimo decennio infatti sono le assistenti familiari le risorse più richieste  dalle famiglie italiane. Dagli ultimi dati dell’Istituto di Ricerca Sociale si nota come sono 774.000 le assistenti familiari di cui 700.000 sono straniere. Complici di tali nuove tendenze dell’ultimo decennio sono alcuni fenomeni come l’allargamento dell’Unione Europea  e la progressiva accettazione delle famiglie italiane della badante come risposta alla necessità di cura. Occorre prendere atto del mutamento avvenuto e che continua in modo dinamico. Nella definizione dell’assistente familiare si è evidenziata la necessità di una figura con un profilo professionale che meglio rispondesse, rispetto alla badante, all’evoluzione dei servizi alla persona, intesa nella centralità e globalità dei suoi bisogni.
L’obiettivo è formare un nuovo operatore socio sanitario qualificato e versatile in grado di muoversi nei contesti sia sociale che sanitario. E’ nata la necessità di formare ed inserire nuove figure che collaborino con gli infermieri e gli altri professionisti della salute. Pertanto l’OSS nasce per dare una risposta qualificata poiché può svolgere attività indirizzate a soddisfare i bisogni primari, nell’ambito delle proprie aree di competenza, e fornire il benessere e l’autonomia della persona. Il cittadino ha sempre più necessità di trovare adeguate risposte ai propri bisogni assistenziali di base, che possono essere ora esaudite dall’OSS. A questo proposito è necessario affrontare il percorso di qualificazione dei servizi ed attività sanitarie e socio-assistenziali, sia in termini di quantità che qualità dei servizi offerti a supporto dell’anziano e del non autosufficiente.
Occorre investire molto sull’integrazione tra servizi sanitari e socio sanitari assistenziali, in particolare nelle regioni dove si è fatto sicuramente meno, anche rispetto alla domiciliarità che risulta carente, tutto questo per conseguire l’obbiettivo di mantenere disabili e persone non autosufficienti il più  possibile nel loro ambiente di vita confortevole.
E’imprescindibile che ogni processo di riorganizzazione nel Welfare socio sanitario assistenziale si mantenga coerente con alcune premesse chiave:
·       la centralità della persona e della sua famiglia
·       la priorità delle risorse umane con una particolare attenzione al ruolo del terzo settore sempre più determinante ed è in questo contesto che va inquadrato il percorso della figura professionale dell’operatore socio sanitario.
In alcune realtà positivi processi di riforma sono già stati messi in atto. Nuove offerte di servizi territoriali e strutture assistenziali stanno cambiando concretamente il nostro sistema di cura che richiede più cooperazione , integrazione, lavoro di squadra, capacità di definire progetti di cura e assistenza multidisciplinare e condivisione di conoscenze, competenze e responsabilità. Questi cambiamenti innovativi  richiedono coinvolgimento e motivato apporto di tutti i professionisti e operatori che lavorano nel sistema salute con impegno, conoscenza, etica e responsabilità.
Alla luce delle trasformazioni demografiche in corso che hanno determinato un cambiamento nella richiesta di cura specialmente per anziani e non autosufficienti è evidente la potenzialità del terzo settore nella rifondazione del nostro sistema sociale visto che oggi associazioni, gruppi di volontariato, imprese sociali e fondazioni si caricano dei bisogni dei singoli e trovano soluzioni innovative , tutto ciò trova conferma nel Libro Bianco del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sul futuro modello sociale del 2009.
Altrettanto evidente è il ruolo strategico del mondo cooperativo, sintesi tra sviluppo imprenditoriale, economico e sociale. Nell’ambito dei servizi alla popolazione non autosufficiente in Italia significativo è il ruolo della cooperazione sociale che sin dagli anni ’80 si è sempre battuta per dare dignità sociale e professionale al lavoro di cura privato. La cooperativa sociale deve  promuovere una progettualità dei servizi domiciliari per la definizione di specifici profili professionali, per la formazione e la qualificazione degli operatori dell’assistenza, al fine di creare connessioni virtuose con il Welfare locale assumendo dunque un ruolo centrale sia nell’area delle politiche a supporto della vita autonoma sia in quelle delle politiche attive del lavoro.
Con la prima Legge Quadro (l.328/2000) approvata nel 2000 viene riformata l’assistenza alle persone non autosufficienti e viene attribuita fondamentale importanza agli interventi a sostegno delle responsabilità familiari  e a favorire la permanenza a domicilio delle persone bisognose di cure proponendosi di rinforzare il ruolo del terzo settore nell’ambito della partecipazione alla programmazione delle politiche sociali.
Tale legge viene ulteriormente confermata anni dopo da Fabrizio Tagliabue, dirigente di Federsolidarietà Lombardia,  il quale suggeriva che la cooperazione sociale poteva assumere il ruolo di cerniera operativa tra servizi sociali e mercato privato del lavoro.
Secondo le prospettive indicate le cooperative sociali possono affiancare e accompagnare i principali protagonisti del lavoro privato di cura seguendo quattro possibili modelli di gestione: cooperative di operatori sanitari, cooperative di famiglie utenti, intermediazione di lavoro e sportelli di assistenza familiare.
Tutte le soluzioni non possono prescindere da una stretta relazione con l’ente locale e dal lavoro di rete, indispensabili per coinvolgere nei processi di cura tutte le risorse che la comunità locale rende disponibili. Un ‘ipotesi potrebbe essere quella di supporto all’incrocio tra domanda e offerta di lavoro di cura ma ancor di più l’accompagnamento dentro un contesto relazionale nuovo che si instaura tra i due soggetti, la famiglia e l’operatore sanitario, valorizzando le responsabilità e le capacità dei diversi soggetti che mediante la negoziazione realizzano un prodotto sociale  all’avanguardia.
Si può quindi affermare che nell’ambito del terzo settore la componente che si è spesa meglio nei servizi dell’assistenza privata è certamente la cooperativa sociale, pertanto si può parlare di soggetti giuridici con le caratteristiche più adatte a gestire questo servizio. Attività principale è quella di raccogliere e gestire un patrimonio deputato al perseguimento di progetti per il bene comune con la conoscenza approfondita di una determinata comunità  e del suo territorio.
Vi sono dunque buone speranze che tali soggetti possano assumere un ruolo rilevante nella gestione delle problematiche connesse all’invecchiamento e alla non autosufficienza.
E’ un percorso innovativo, graduale e necessario che ha bisogno di una particolare attenzione e sensibilità dato il cambiamento culturale che si sta vivendo; occorre programmazione per valutare i fabbisogni del territorio, stabilizzazione per evitare spreco di risorse, occorre progettare modelli di assistenza che si basino su piani di lavoro e metodologie,  in modo tale da consentire un buon risultato rispetto agli obbiettivi che il progetto si è posto.
E’ pertanto necessario individuare, applicare, sperimentare e diffondere buoni modelli organizzativi, di efficace governo clinico assistenziale e di integrazione multidisciplinare per l’assistenza alla persona, accompagnati da un adeguato percorso di valorizzazione del ruolo, delle prestazioni e delle competenze di professionisti e operatori.
L’obiettivo deve essere quello di realizzare sul territorio nuove modalità di presa in carico della persona garantendo la continuità assistenziale attraverso l’integrazione tra le diverse figure professionali che operano sul territorio: medici, infermieri, nutrizionisti, fisioterapisti, operatori socio sanitari e altre figure professionali.
Una formazione mirata e un aggiornamento concreto e pratico rappresentano per gli OSS un elemento cardine del sistema di cura agli anziani e ai non autosufficienti per il mantenimento e l’innovazione continua di questa figura che entra a far parte dei piani di lavoro e che è una risorsa da valorizzare per il bene comune. Volendo dare un impulso concreto ad un progetto di riorganizzazione di inserimento degli OSS riteniamo che si debba agire su alcuni punti:
·       rilevare il numero di OSS oggi realmente qualificati
·       monitorare, uniformare e migliorare l’attività formativa teorica ma soprattutto pratica in strutture adeguate in un’ottica di complessità crescente del sistema salute e di fronte ad una richiesta di innalzamento qualitativo dei servizi
·       attivare un particolare osservatorio dell’OSS nel terzo settore nel variegato mondo dell’assistenza agli anziani e ai non autosufficienti
·       valorizzare un corretto utilizzo delle risorse OSS per il miglioramento funzionale dei servizi alla persona
Con riferimento a questo scenario si intravede concretamente l’inserimento dell’operatore socio sanitario nella equipe  sociosanitaria di assistenza alla persona. Si può concludere dunque che è confermata la necessità della figura qualificata dell’operatore socio sanitario che meglio risponda all’evoluzione dei servizi alla persona intesa nella centralità e globalità della sua persona.


 

1 commento:

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